Sauro non c’è più. Ci ha
lasciati sabato pomeriggio, alle sedici e trenta, quasi in punta di piedi.
Sauro Rosini non amava
mettersi in mostra, e forse per questo nella sua vita non ha voluto ricoprire
incarichi politici o sindacali, senza tuttavia rinunciare alle lotte, alle
manifestazioni in difesa dei lavoratori e degli sfruttati. A quel bisogno di
libertà e di giustizia, a quel sentimento di solidarietà, a quella volontà di ricerca del bene comune è
rimasto fedele per tutta la sua vita. Amava dire spesso: “quello che amo di più
della mia vita politica è l’essere sempre rimasto coerente con le mie idee e
soprattutto di essere sempre stato e di essere ancora un comunista”.
Lo aveva ripetuto anche
pochi giorni prima di entrare in ospedale, a 89 anni finiti, ai ragazzi di una
scuola media jesina che lo avevano invitato in occasione delle manifestazioni
del 25 Aprile. Sì, perché Sauro Rosini è
stato anche una partigiano, uno della 5^ brigata Garibaldi, che operava tra
l’altro nella zona di Serra San Quirico e del San Vicino.
Ma sempre per quella sua
indole schiva amava ripetere: “tengo subito a precisare che non sono stato un
eroe; i partigiani più anziani quasi a proteggerci, avevano destinato noi più
giovani ed inesperti a compiti logistici”.
Ma non è facile, per un diciottenne
quale lui era, neppure stare di sentinella la notte, affrontare lunghe marce
nella neve, magari per andare a recuperare le armi e le provviste lanciate
dagli aerei alleati, recuperare i corpi dei compagni trucidati e seviziati dai
nazifascisti per dare loro una sepoltura.
Di questo parlava Sauro,
sorvolando sugli aspetti più crudi a quei tredicenni che lo ascoltavano rapiti
in silenzio e anche lui sembrava aver riacquistato la freschezza dei suoi
diciotto anni, in mezzo a qui ragazzi che gli si stringevano attorno per
vederlo da vicino, toccarlo, farsi una foto insieme a lui.
Quella mattina, conclusa la
manifestazione, Sauro era raggiante: più volte andava ripetendo.”sono stato
proprio bene!” e forse aveva visto in quella manifestazione di affetto la
realizzazione di un obiettivo, comune a quanti hanno partecipato alla Lotta di
Liberazione e a quelli che, oggi, nell’ANPI ne stanno raccogliendo il
testimone: quello di far conoscere alle nuove generazioni gli ideali di
giustizia e di libertà che hanno spinto tanti giovani a lasciare le loro case
salire poi in montagna, affrontando una vita di rinunce e di sacrifici e con la
morte sempre in agguato.
Oggi che Sauro non c’è più
ci piace ricordarlo così, con il sorriso sulle labbra, mentre ci mostra i due tesori
a lui più cari: le tessere del Partito Comunista e dell’ANPI, quasi a ribadire
ancora in un estremo saluto la sua fede incrollabile: Comunista e Partigiano!