Anpi di Jesi
- Belvedere Ostrense 26 luglio 2016
Buonasera a
tutti.
Sono
Maurizio Gabrielli dell'Anpi di Jesi e sono particolarmente onorato di poter
contribuire, con il mio intervento, alla commemorazione ed al ricordo della
liberazione di questa citta' avvenuta esattamente il 26 luglio di 72 anni fa'
anche perchè parte della mia famiglia proviene proprio dalle campagne di questo
comune!
Per questo
voglio innanzitutto ringraziare il Sindaco, l'Amministrazione Comunale, tutti i
gruppi consiliari di Belvedere Ostrense, l'Anpi di Jesi, le Istituzioni
Democratiche intervenute ed i cittadini tutti.
Per noi
dell'Anpi, partecipare fattivamente nelle commemorazioni, risulta sempre molto
toccante perche' ci permette di far rivivere i valori che i nostri predecessori, sia partigiani, che semplici cittadini impegnati
contro l'oppressore nazifascista, hanno all'epoca portato avanti per la
Liberazione dell'intero Paese.
Nel luglio
1944 a Belvedere, come in altri centri della vicina Vallesina, primo fra tutti
Jesi, ci si apprestava all'atto finale!....Il Corpo Italiano di Liberazione,
costituito a marzo dello stesso anno, stava avanzando da Sud, affiancato
all'esercito polacco, spesso con scontri
anche durissimi come avvenne a Filottrano con 300 morti italiani (inizio di
Luglio).
Le truppe
naziste iniziarono presto a ritirarsi e per la popolazione, fu un momento
particolarmente difficile in quanto i tedeschi, coadiuvati sempre dai fascisti locali, ritirandosi compirono tanti efferati
crimini oltre che saccheggi e distruzioni.
La
popolazione rurale, all'epoca formata quasi esclusivamente da famiglie di
mezzadri, fu duramente colpita da questi saccheggi, mentre nelle citta, come a Jesi, i nazifascisti si spinsero oltre
compiendo eccidi e rappresaglie proprio
perche' l'invasore aveva chiara l'imminente fine e si apprestava a ritirarsi,
non senza lasciare morte e distruzione dietro di se'.
Dicevo che
la Liberazione era imminente e quella era l'aria che si respirava e quando il 20 di Luglio, sempre a Jesi, gli
alpini, scendendo da Montegranale, entrarono
in citta', per Belvedere, si tratto' di attendere nemmeno un giorno, infatti il Corpo Italiano di Liberazione, percorrendo
la strada che da Jesi conduce a San Marcello, giunse in breve anche nei pressi
di Belvedere.
Il 21 di
Luglio, apparentemente poterono avanzare senza resistenza fino a quando, nei
pressi di un incrocio, sulla strada che conduce a Vaccarile, quasi allo
scoperto, furono investiti dal fuoco incrociato dei tedeschi asserragliati in
casolari e stalle del posto sul quale vennero fatte convergere altre pattuglie
tedesche sostenute dall'artiglieria con cannoni e mortai.
La battaglia
che ne scaturi duro' 5 giorni ed alla fine, quando sopraggiunse il 68°
Reggimento di Fanteria, il 26 luglio ebbe termine con un bollettino tragico di
circa 30 soldati italiani morti, 13 dispersi e 82 feriti.
Va' anche e
soprattutto ricordato che Belvedere Ostrense diede un forte contributo alla
lotta per la Liberazione anche con l'ausilio di diversi valorosi cittadini impegnati
nella Resistenza Partigiana.
Era di Belvedere Ostrense il partigiano giustiziato
con la fucilazione dai fascisti a Jesi la mattina dell' 8 febbraio del 44
contro il muro del brefotrofio delle Pupille. Si trattava di Magnani Armando
(elettricista). Era stato accusato di
aver preso parte al saccheggio, insieme ad un gruppo di partigiani, del grano
all'ammasso di Staffolo per distribuirlo alla popolazione civile stremata ed
affamata. Una targa, ma soprattutto i segni delle pallottole , ancora oggi
fanno lugubre sfoggio nel muro dell' esecuzione, dove peraltro, il giorno
seguente fu giustiziato l'altro partigiano Jesino Panti Primo (muratore).
Sempre di
Belvedere Ostrense, furono i 4 partigiani che trovarono la morte sul Monte
Sant'Angelo di Arcevia nell'eccidio perpetrato dai tedeschi coadiuvati dai
fascisti locali, che stermino' per intero la famiglia Mazzarini (compresa la
piccola Palmina di soli 6 anni). Famiglia rea di aver dato supporto e sostegno ai partigiani.
I loro nomi
erano: Barchiesi Vittorio, Brutti Igino, Magnani Amerigo, Vannini Edgardo.
Vorrei
soffermarmi su come la popolazione visse quel passaggio storico. Soprattutto coloro
che abitavano le campagne, i coloni, perche' Belvedere come del resto altre
contrade vicine, vivevano quasi esclusivamente di agricoltura.
Lo voglio
fare con le parole e con fatti narrati da mio nonno, il piu' giovane fratello
di una numerosa famiglia di mezzadri che abitava proprio in queste contrade tra
Belvedere e San Marcello (in localita' Acquasanta) che visse quei momenti con
lo stato d'animo tipico degli antifascisti della prima ora.
Premetto che
fu solo per puro caso se mio nonno pote' raccontarmi le tante vicende che vissero
lui e la sua famiglia nel periodo della seconda guerra mondiale. Infatti dopo
aver partecipato alla spedizione per la conquista dell'Albania al rientro fu
congedato per motivi di salute, mentre i suoi compagni di plotone, furono di
nuovo inviati per una nuova missione, stavolta tragica, in Grecia dove tutti
trovarono la morte.
Mi racconto'
ad esempio, per rendere l'idea di come fosse difficile vivere l'era del
ventennio, che uno dei suoi fratelli maggiori, si trovo' a Jesi proprio il
giorno della visita del Duce in citta' (1938 se non erro) ed il corteo fascista
che scorreva lungo Corso Matteotti era talmente blindato che si poteva restare
solo stando ben fermi sul marciapiede. Siccome erano tutti accalcati, al
fratello maggiore di mio nonno, che si trovava li di passaggio, non gli riusci di
restare sul marciapiede e dovette mettere
un piede sul battistrada, a quel punto fu colpito da una scarica di
manganellate dai gerarchi fascisti che gli provocarono la tumefazione del viso!
Stessa sorte toccava a chi non usava il saluto fascista o peggio ancora se si
indossava la cravatta rossa in pubblico.
All'Acquasanta,
diversi coloni mezzadri furono
saccheggiati dai tedeschi in ritirata, e
tocco' anche alla famiglia di mio nonno.
Dovete
sapere che per una numerosa famiglia di mezzadri, il possedimento, la ricchezza
maggiore era quella dei buoi, unico mezzo per lavorare la terra e quindi l'unico sostentamento per tutta la
famiglia.
Quando i
tedeschi in ritirata, si presentarono in massa alla loro casa colonica una sera
all'imbrunire, le donne tennero stretti
i bambini e gli uomini opposero tutta la resistenza possibile per non
farsi portare via i buoi, ma tutto fu vano. Tra una minaccia di un Kaput ed
un'altra, si presero le 2 migliori paia di buoi con mio nonno ed un'altro suo fratello.
Li videro allontanarsi al tramonto e la disperazione fu quella di aver perso
buoi, figli e tutto, perchè senza buoi, non avrebbero potuto restare come
mezzadri in quanto il padrone li avrebbe sostituiti con un'altra famiglia che
disponesse dei mezzi per lavorare la terra. L'indomani, mio nonno ed il
fratello, furono rilasciati tra Barbara ed Ostra Vetere e fecero ritorno a casa
purtroppo recando la triste notizia alla famiglia, in trepida attesa, di non
aver potuto portare indietro i buoi, ma aver avuto solo salva la vita. La
famiglia, sopperi' al disastro solo grazie alla solidarieta' dei vicini che, all'epoca, era il valore aggiunto della
civilta' contadina. Quella solidarieta' che soprattutto si palesava all'epoca
della mietitura dove tutti si prodigavano da una famiglia all'altra per portare
a casa il raccolto poi da dividere col padrone.
I miei
nonni, mi raccontarono molto di quel triste e durissimo periodo, ma un fatto in
particolare vorrei citare perche' lo reputo estremamente interessante e purtroppo
molto attuale .
Sempre di
sera, all'imbrunire, sentirono bussare alla porta della stalla, ed il capoccia,
il capofamiglia, si affaccio' e vide 2 persone che in maniera furtiva ceravano
riparo.
Subito
scesero a sentire cosa volessero e quali fossero le loro intenzioni, si trovarono di fronte a 2 poveri ragazzi dai
tratti irriconoscibili dagli stenti. A quel punto si prodigarono tutti in famiglia per dare loro conforto e li
accudirono e li rifocillarono come figli soprattutto le donne di casa. Ferite
gravi ai piedi, fame cronica, stracci addosso.
Erano 2 giovani
in fuga, militari che non avendo aderito alla Repubblica Sociale l'8 di
settembre del '43, furono spediti nei campi di concentramento in Polonia.
Riuscirono in
qualche modo a fuggire ed iniziarono un' impossibile quanto pericolosissimo
viaggio di ritorno a piedi e con mezzi di fortuna verso casa viaggiando di
notte per non farsi sorprendere. Provate ad immaginare anche solo per un
momento che cosa significhi affrontare un viaggio del genere senza sapere dove
stai andando e senza sapere se e dove arriverai. I ragazzi erano di Montefano,
quando arrivarono quella sera all'Acquasanta, nonostante le precarie
condizioni, erano col morale alle stelle perche sentivano quasi l'odore di casa
e le voci ed i profumi familiari.
L'indomani,
non ci fu' modo di convincerli a restare ancora per poi partire di sera, e
infatti di primo pomeriggio si vollero per forza mettere in cammino.
Si
inoltrarono lungo il fosso del Lupo, per capirci il fosso che conduce
all'odierno Scorcelletti, perche andavano a guadare il fiume Esino in zona
Pantiere. Quando furono sulla attuale ex ss 76, dove ora sorge Villa Serena,
chiesero indicazioni su quale direzione prendere e lo fecero purtroppo
rivolgendosi ad un fascista locale che apparentemente li assecondo, ma poi li
condusse al piu' vicino comando tedesco.
Furono
riportati di nuovo indietro in un altro campo di concentramento ed alla fine di
tutto, solo uno dei 2 torno' vivo.
L'altro
purtroppo morì di stenti nel campo di concentramento senza più rivedere la sua
casa .
A questo punto,
mio nonno, con le lacrime agli occhi e le immagini di quei giovani, continuava
sempre alla stessa maniera dicendomi della fine che tocco' al fascista
traditore. Alla Liberazione fu ritrovato giorni dopo in un campo di granoturco
vicino Corinaldo!
Dicevo che
questo fatto è purtroppo attuale perchè non ho potuto fare a meno di associarlo
a quanto è successo a Fermo qualche settimana fa.
Un uomo e
sua moglie fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni dopo aver perso figli e
genitori uccisi da un oppressore spietato, attraversano un continente, subiscono
maltrattamenti e sevizie prima di partire su un barcone che forse li porterà in
salvo, forse li seppellirà in fondo al mare. Ci arrivano in salvo, vengono
accolti e curati , viene loro ridata una speranza di libertà e di vita. Poi
improvvisamente quella violenza da cui sono fuggiti si manifesta in un insulto,
un pugno e la morte.
Si muore
così stupidamente e inutilmente a causa dell’ ignoranza, della discriminazione
e del mancato rispetto della vita umana allo stesso modo e con la stessa
ferocia con cui il fascista denunciò e mandò a morte i due ragazzi di Montefano
e con cui tanti italiani fascisti mandarono alla deportazione e al massacro
migliaia di italiani, ebrei, nomadi, omosessuali, antifascisti.
Non possiamo
tollerare che fatti come questi accadano, così come da più di 70 anni
condanniamo il fascismo e le sue terribili conseguenze oggi dobbiamo con la
stessa forza condannare il razzismo e ogni forma di discriminazione che sono
sempre state alla base delle ideologie nazifasciste.
Così come
non possiamo pensare di rapportare sullo stesso piano chi 70 anni fa è morto
per la libertà e chi è morto perché quella libertà la negava, allo stesso modo
non possiamo tollerare che oggi la verità venga manipolata per scagionare chi
ha insultato e provocato la morte di una persona.
Se Belvedere
esattamente 72 anni fa' fu liberata e tutto il Paese in breve fu liberato dagli
oppressori nazi-fascisti, questo lo dobbiamo alle tante donne ed ai tanti
uomini che misero da parte il loro credo politico, la loro fede, le loro
diseguaglianze sociali per raggiungere con forza e spesso pagando un prezzo
altissimo, donando la propria vita, l'obiettivo comune! La liberta'!
Ce la
fecero, ma la cosa piu' bella fu' che tutto cio' produsse un lavoro, fatto
all'indomani e che fu estenuante e difficoltoso, svolto da tutte le parti
politiche di allora. Comunisti, Democristiani, Socialisti, Repubblicani, insomma tutte le forze antifasciste si
riunirono in una Costituente e diedero vita alla Carta Costituzionale. Si
scrissero le regole. Si dichiarò su cosa fosse fondata la nostra Repubblica
all’art.1. Sul lavoro!
La Costituzione, e' il testo di riferimento
perché scritto con la massima chiarezza possibile e con la massima
essenzialita' possibile allo scopo di non lasciare adito alle interpretazioni.
Per questo e' ritenuta, non a caso, la più bella Costituzione del Mondo.
La
Costituzione signori, non fu scritta con l'inchiostro, bensi' col sangue di coloro che combatterono
per ottenere la liberta'.
E' un
testamento di 100.000 morti.
Noi non
crediamo alle mistificazioni che vogliono farci credere che la Costituzione è
responsabile della ormai inesauribile crisi economica, della perdita del
lavoro, addirittura del terrorismo!
La nostra
Costituzione parla di lavoro come fondamento della democrazia, contiene le basi
per eliminare gli ostacoli allo sviluppo economico e parla di pace e ripudio
della guerra.
Parla di
uguaglianza, di giustizia sociale e contiene le regole per l’attuazione e la
piena realizzazione di ogni cittadino all’interno della società democratica.
Permettetemi
di citare uno dei passi più belli della nostra Carta : “la sovranità appartiene al popolo” quindi ci dice che siamo noi gli
artefici della nostra vita democratica, ci vengono dati gli strumenti per
partecipare attivamente alla vita politica del nostro paese.
Calamandrei,
nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione diceva: "sulla Liberta'
bisogna vigilare ogni giorno dando il proprio contributo alla vita
politica" riferendosi all'indifferentismo nei confronti della politica.
Indifferenza
che egli considerava giustamente un offesa alla Costituzione.
Quindi non
serve cambiare una Costituzione già di per se perfetta, serve solo attuarla, e
non sono solo le forze politiche a
doverlo fare ma soprattutto i cittadini esercitando quella sovranità che è
stato uno dei beni più preziosi conquistati con la lotta di Liberazione, non dimentichiamoci che esattamente 70 anni
fa le donne per la prima volta poterono votare!
Questo Paese
ha conosciuto momenti difficili, periodi tragici, le stragi, il periodo della
strategia della tensione, il tentato golpe, le lotte per la conquista dei
diritti, gli attentati a politici e sindacalisti e tanto altro. Se siamo ancora
qua’, lo dobbiamo senza dubbio all’impianto della nostra Costituzione.
La nostra Costituzione, e’ stata pensata per
sopperire ai momenti di difficolta’ del Paese,
come uno strumento di garanzia per il popolo, vigilando con gli
strumenti previsti, sui poteri dei governi che deviassero verso derive non
democratiche.
Non a caso,
per modifiche importanti (come le attuali), fu’ gia’ prevista la consultazione
popolare. Quindi la consultazione che ci attende, non e’ un regalo del governo
che in uno slancio buonista ci concede tale privilegio.
A noi tutti,
uomini e donne, ora, tocca un compito importante. Come lo fu’ allora, 72 anni
fa’!
Onorare la
Carta Costituzionale difendendola da stravolgimenti ingiustificabili.
Lo possiamo
fare….lo dobbiamo fare!...per i 100.000 morti compresi quelli di Belvedere e
per garantire ai nostri figli un futuro democratico e di pace!
E....soprattutto, per non doversi vergognare mai!
Viva i
Partigiani! Viva la liberta’! Viva la Pace! Evviva la Costituzione!
Maurizio
Gabrielli