(…) E’ ben difficile parlare di “nuova politica” di fronte al
rapidissimo mutamento di situazione che
si è verificato nel giro di una settimana, col Governo Letta
“indotto” alle dimissioni e il
“trionfo” del nuovo Segretario del PD, che si avvia alla
conquista di gran carriera del posto di
Presidente del Consiglio, sulla base semplicemente delle
decisioni adottate dal suo partito.
Intanto, è difficile compiacersi e considerare “buona
politica” l’improvviso mutamento nelle
parole e nelle decisioni del futuro premier. Non lo faccio
io, ma l’ha fatto lo stesso quotidiano
del suo partito, l’elenco delle cose che da più di un mese
andava dicendo (solo per
esemplificare: mai più governi di larghe intese, mai accesso
alla guida di Palazzo Chigi senza
un voto popolare, mai prendere il posto di Letta prima del
compimento del semestre
europeo, mai rinnovare i riti della vecchia politica); ed ora
nel giro di pochi giorni, addirittura
di poche ore, tutto è stato cancellato e smentito.
Si va al Governo con Alfano, si costringe Letta alle
dimissioni, (...), non si fa un pur rapido passaggio in Parlamento,
mentre si continua ad ignorare il vero e reale programma del nuovo esecutivo.
Non c’è male, come rinnovamento della politica. E non c’è
male anche sotto il profilo strettamente istituzionale; il cambio avviene sulla
base di rapide e scontate consultazioni, al Parlamento spetterà un voto
complessivo, di avallo di un lavoro già
compiuto. (...)
Il Parlamento deve
essere chiamato in causa, non già per prendere atto delle dimissioni oppure
decidere di mantenere in vita il vecchio Governo, ma – essenzialmente – perché
tutto avvenga alla luce del sole e con un pubblico dibattito dal quale i
cittadini apprendano le ragioni per cui il “passaggio” sta avvenendo, con
quelle modalità, con un Governo che non ha avuto la sfiducia, con dimissioni
non spiegate, se non da una riunione di partito (peraltro assai ambigua, sul
punto), con la
scelta di un Presidente del Consiglio estraneo al Parlamento,
con un programma tutto da conoscere, prima ancora che da verificare.
(...)Parlavo di “pianificazione degli interventi “(addio ai
decreti-legge), di provvedimenti urgentissimi per risolvere la gravissima
emergenza sociale, della creazione di un piano organico e mirato per reperire le risorse necessarie ad un rilancio
delle attività produttive e alla creazione di posti di lavoro “veri”, di
riforma della politica, di forte impegno contro la criminalità organizzata e
contro la corruzione; e parlavo anche di riforme
istituzionali basate sulla conoscenza, sulla
riflessione e sul confronto reale attorno ai modelli
possibili per realizzare una concreta
differenziazione del lavoro delle due Camere.
Un vero libro di sogni: a Roma si sta parlando, al solito, di
posti, di nomi, di caselle da
occupare e da destinare, ma gli obiettivi restano nel vago:
si parla sempre di riforma della
legge elettorale; ma se poi la si fa in un modo da
molti giudicato pessimo, e se essa finisce in
mezzo all’ingorgo dei decreti, anche su questo c’è poco da
sperare, soprattutto se si pensa
che bisognerebbe ancora approfondire, confrontarsi,
riflettere e non improvvisare.
Ma almeno, a prescindere dalla velocità (anzi, dalla fretta)
che è realmente e fin troppo
innovativa, qualche “novità” c’è? Certo, ce n’é almeno una, a
cui non pensavamo più: la
soglia del Quirinale, una volta preclusa a chi aveva anche
solo un avviso di garanzia, è stata
varcata, a quanto pare, da un condannato, provvisoriamente
e incredibilmente libero di
circolare, solo perché un Tribunale di sorveglianza sta
tardando a decidere se assegnarlo agli
arresti domiciliari oppure ai servizi sociali.
Questa è davvero un’innovazione, la seconda peraltro, dopo lo
“storico” incontro al Nazareno tra due leader entrambi estranei al
Parlamento, di cui peraltro uno perché non ha ancora avuto modo di farsi
eleggere e l’altro perché dal Senato è stato escluso per decadenza.
Ci sarebbe da sorridere, se non ci fosse da piangere.
Ma noi, vecchi
combattenti, non sorridiamo e non piangiamo: stringiamo i denti, aspettando che
si torni davvero ai valori ed alle regole della Costituzione, Naturalmente, limitarsi a sperare sarebbe
troppo poco. Non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo neppure adesso (…). Noi
non ci arrenderemo allo sconforto, alla delusione, allo smarrimento e
cercheremo di fare sentire, con forza, la voce della Costituzione, la
voce, mai incrinata, dei tanti che hanno combattuto per la nostra libertà e per
il futuro del Paese.
Giancarlo Smuraglia
Presidente Nazionale dell'ANPI
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