mercoledì 6 luglio 2016

Commemorazione eccidi di Chigiano e Valdiola: l'orazione di MATTEO PETRACCI

Chigiano, 3 luglio 2016.

Ci sono cose che non sono misurabili.
Esistono ma non hanno peso, non hanno altezza, non hanno profondità né lunghezza.
Non le vediamo, non le possiamo toccare ma sappiamo che ci sono. Esistono in noi ed intorno a noi.
I sentimenti, ad esempio, o il ricordo di una persona che non c’è più, come Bruno [Taborro]. Il ricordo di Bruno è qualcosa di immateriale. Non possiamo misurarlo ma c’è, lo sentiamo vivo, e lo teniamo vivo.
L’antifascismo è anche questo. È innanzitutto un sentimento e, come tale – ha sostenuto Paul Corner - può essere manifesto, represso o vissuto in silenzio.
Un sentimento particolare, che, come la Costituzione italiana, nasce da una precisa esperienza storica e viene tramandato di generazione in generazione.
La Costituzione italiana, come è riconosciuto, è democratica ed antifascista perché frutto dell’esperienza storica del fascismo e dell’antifascismo che, attraverso essa, ha trovato la sua declinazione positiva: ciò che il fascismo aveva negato la Costituzione afferma:
-          L’uguaglianza dei cittadini, e l’impegno della Repubblica a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono un pieno conseguimento.
-          I diritti politici, i diritti civili ed i diritti sociali che essa afferma.
-          Il ripudio della guerra.
La Costituzione italiana è democratica ed antifascista perché, per i suoi oppositori, non prevede la condanna al carcere o l’invio al confino, istituti e forme di persecuzione invece utilizzati dal fascismo:
-          Decine di condanne a morte comminate dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato
-          Oltre 27.000 anni di carcere a cui sono stati condannati gli oppositori
-          Decine di migliaia di confinati ed ammoniti. Persone a cui, in nome delle loro scelte ideali, è stata cancellata ogni possibilità di vivere una esistenza serena.
È democratica ed antifascista perché, nei suoi articoli, tutti e complessivamente intesi, viene tracciata una visione della società dove il potere ed i meccanismi decisionali salgono dal basso verso l’alto, attraverso alcune previsioni: la centralità del Parlamento, il sistema di pesi e contrappesi, il riconoscimento dei corpi intermedi e del loro ruolo nella società.
Il fascismo, invece, proponeva una visione discendente del rapporto tra Stato e individuo, bonapartista. Una visione che non prevedeva mediazioni tra rappresentanti e rappresentati, dove il regime non trovava legittimazione politica attraverso lo svolgimento di libere elezioni ma attraverso un plebiscito, dove i rappresentati venivano chiamati ad esprimersi con un Si o un No sulla lista dei deputati.
Purtroppo, ad oltre 70 anni di distanza da quegli eventi, ci sono luoghi dove ancora la Costituzione non vige o ha smesso di essere vigente:
-          Le carceri
-          Le fabbriche e i campi esposti al caporalato, allo sfruttamento ed al lavoro schiavistico
-          Le corsie degli ospedali o le scuole dove i diritti costituzionali vengono erosi
-          Le nostre coste. Il mare. In mare non è soltanto la Costituzione a non essere più vigente, ma la stessa Legge del mare
Allora, per noi, l’antifascismo è quel sentimento che ci fa scattare ed indignare ogni volta che vediamo / sentiamo calpestare la Costituzione.
In questo senso, l’antifascismo e la memoria sono degli anticorpi.
Oggi siamo qui per ricordare la battaglia di Valdiola e gli eccidi di Braccano e Chigiano.
Siamo qui per commemorare. Cum – Memorare: Ricordare insieme, in modo solenne.
Ricordiamo insieme ciò che l’uomo può fare ad altri uomini quando li disumanizza, quando li rende meno che umani. E ciò costituisce una lezione valida allora, oggi e sempre.
Ricordiamo insieme i cinque giovani osimani picchiati, evirati, soffocati, buttati dal ponte e poi lapidati. E badate bene che non sono stati disumanizzati nel momento stesso in cui venivano seviziati ma sono stati disumanizzati prima, in quanto partigiani, bastardi, nemici politici a cui non concedere tregua e quartiere. Ed è ciò che ha reso possibile le sevizie.
Ricordiamo insieme Dimitrov, il giovane che stava con loro costretto ad assistere alla scena prima di essere fucilato. Uno dei 22 milioni di sovietici morti durante la seconda guerra mondiale. Sovietici che, secondo il progetto nazista, erano da considerarsi sub-umani, per i quali non valevano nemmeno le convenzioni internazionali e, per tale motivo, a milioni sono stati lasciati morire in prigionia.
Ricordiamo insieme milioni e milioni di morti. Donne e uomini spogliati della loro umanità e, in virtù di questo, sterminati:
-          6 milioni di ebrei
-          Centinaia di migliaia di rom e sinti
-          Omosessuali
-          Malati mentali
-          Decine di migliaia di slavi, greci ed etiopici gasati, arsi visi e fucilati, anche dall’Italia fascista
Insieme a questo, ricordiamo (e contemporaneamente celebriamo, in questo caso) ciò che le donne e gli uomini liberi e di buona volontà fanno quando vengono posti di fronte al dominio, alla sopraffazione ed al razzismo: si organizzano e si ribellano.
Oggi celebriamo le gesta di donne e uomini che, di fronte alla vigenza della legge della forza, si sono fatti fuorilegge.
Il 25 aprile è la nostra festa della Liberazione. Festeggiamo un’insurrezione, un atto di ribellione generale. Il 25 aprile è un atto di disobbedienza e la Costituzione che ne è frutto è frutto di un atto di disobbedienza.
Ricordiamolo ogni volta che l’orizzonte davanti ai nostri occhi sembra chiudersi.
Ricordiamolo ogni volta che la disumanizzazione del prossimo prepara alla sua messa a morte, o a lasciarlo morire nell’indifferenza.
Di fronte a questi scenari, il nostro sentimento ci dice che la disobbedienza è una virtù.
Dietro di me, in questa lapide, ci sono i nomi delle vittime degli eccidi. Sono nomi diversi, di diversa provenienza nazionale.
In questi giorni, dove sono in molti a farsi domande sulle sorti dell’Europa, noi ci troviamo qui, e ci chiediamo che tipo di Europa avrebbero voluto loro.
La Banda Mario era composta da italiani, britannici, francesi, sovietici, ebrei, slavi, eccetera, eccetera, eccetera. Partigiani, Partisans, Partizan, Partisanen. La stessa parola, le stesse ragioni, la stessa lotta.
A volte sembra esserci stata più identità europea allora tra queste montagne e queste valli che oggi in alcune sedi istituzionali, e forse, se volessimo risalire alle radici di questa identità, proprio tra montagne come queste dovremmo ricominciare a muoverci.
Un discorso di Franco Cingolani – nome di battaglia CiFra, ufficiale dell’esercito italiano che, dopo l’8 settembre del 1943, si era dato alla macchia ed aveva raggiunto il San Vicino - restituisce pienamente il clima che si respirava in quei giorni, spiega molto meglio delle mie parole quello che vorrei esprimere e, seppur pronunciato in occasione del Ventennale della Liberazione, rappresenta una riflessione sempre valida:
«Sentiamo ancora il calore che ci affratellava anche quando qualcuno cercava di opporci, di dividerci, di separarci; quando nulla poteva dividerci: quando la passione, l’ideale, il futuro era in ciascuno di noi così limpidamente configurato, che non resta difficile ritornare ai momenti più significativi di quelle giornate, di quelle serate, quando i colloqui in italiano, in slavo, in russo, in inglese, in somalo erano talmente comprensibili in un meraviglioso ricomporsi di una lingua universale, che solo la fratellanza umana poteva rendere possibile»

Ora e sempre Resistenza.
Matteo Petracci




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