Chigiano, 3 luglio
2016.
Ci sono cose che non sono
misurabili.
Esistono ma non hanno
peso, non hanno altezza, non hanno profondità né lunghezza.
Non le vediamo, non le
possiamo toccare ma sappiamo che ci sono. Esistono in noi ed intorno a noi.
I sentimenti, ad esempio,
o il ricordo di una persona che non c’è più, come Bruno [Taborro]. Il ricordo
di Bruno è qualcosa di immateriale. Non possiamo misurarlo ma c’è, lo sentiamo
vivo, e lo teniamo vivo.
L’antifascismo è anche
questo. È innanzitutto un sentimento e, come tale – ha sostenuto Paul Corner -
può essere manifesto, represso o vissuto in silenzio.
Un sentimento
particolare, che, come la Costituzione italiana, nasce da una precisa
esperienza storica e viene tramandato di generazione in generazione.
La Costituzione italiana,
come è riconosciuto, è democratica ed antifascista perché frutto
dell’esperienza storica del fascismo e dell’antifascismo che, attraverso essa,
ha trovato la sua declinazione positiva: ciò che il fascismo aveva negato la
Costituzione afferma:
-
L’uguaglianza dei cittadini, e l’impegno
della Repubblica a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono un pieno
conseguimento.
-
I diritti politici, i diritti civili ed i
diritti sociali che essa afferma.
-
Il ripudio della guerra.
La Costituzione italiana
è democratica ed antifascista perché, per i suoi oppositori, non prevede la
condanna al carcere o l’invio al confino, istituti e forme di persecuzione
invece utilizzati dal fascismo:
-
Decine di condanne a morte comminate dal
Tribunale speciale per la difesa dello Stato
-
Oltre 27.000 anni di carcere a cui sono
stati condannati gli oppositori
-
Decine di migliaia di confinati ed
ammoniti. Persone a cui, in nome delle loro scelte ideali, è stata cancellata
ogni possibilità di vivere una esistenza serena.
È democratica ed
antifascista perché, nei suoi articoli, tutti e complessivamente intesi, viene
tracciata una visione della società dove il potere ed i meccanismi decisionali
salgono dal basso verso l’alto, attraverso alcune previsioni: la centralità del
Parlamento, il sistema di pesi e contrappesi, il riconoscimento dei corpi
intermedi e del loro ruolo nella società.
Il fascismo, invece,
proponeva una visione discendente del rapporto tra Stato e individuo,
bonapartista. Una visione che non prevedeva mediazioni tra rappresentanti e
rappresentati, dove il regime non trovava legittimazione politica attraverso lo
svolgimento di libere elezioni ma attraverso un plebiscito, dove i
rappresentati venivano chiamati ad esprimersi con un Si o un No sulla lista dei
deputati.
Purtroppo, ad oltre 70
anni di distanza da quegli eventi, ci sono luoghi dove ancora la Costituzione
non vige o ha smesso di essere vigente:
-
Le carceri
-
Le fabbriche e i campi esposti al
caporalato, allo sfruttamento ed al lavoro schiavistico
-
Le corsie degli ospedali o le scuole dove
i diritti costituzionali vengono erosi
-
Le nostre coste. Il mare. In mare non è
soltanto la Costituzione a non essere più vigente, ma la stessa Legge del mare
Allora, per noi,
l’antifascismo è quel sentimento che ci fa scattare ed indignare ogni volta che
vediamo / sentiamo calpestare la Costituzione.
In questo senso,
l’antifascismo e la memoria sono degli anticorpi.
Oggi siamo qui per
ricordare la battaglia di Valdiola e gli eccidi di Braccano e Chigiano.
Siamo qui per commemorare.
Cum – Memorare: Ricordare insieme, in
modo solenne.
Ricordiamo insieme ciò
che l’uomo può fare ad altri uomini quando li disumanizza, quando li rende meno
che umani. E ciò costituisce una lezione valida allora, oggi e sempre.
Ricordiamo insieme i
cinque giovani osimani picchiati, evirati, soffocati, buttati dal ponte e poi
lapidati. E badate bene che non sono stati disumanizzati nel momento stesso in
cui venivano seviziati ma sono stati disumanizzati prima, in quanto partigiani,
bastardi, nemici politici a cui non concedere tregua e quartiere. Ed è ciò che
ha reso possibile le sevizie.
Ricordiamo insieme
Dimitrov, il giovane che stava con loro costretto ad assistere alla scena prima
di essere fucilato. Uno dei 22 milioni di sovietici morti durante la seconda
guerra mondiale. Sovietici che, secondo il progetto nazista, erano da
considerarsi sub-umani, per i quali non valevano nemmeno le convenzioni
internazionali e, per tale motivo, a milioni sono stati lasciati morire in
prigionia.
Ricordiamo insieme
milioni e milioni di morti. Donne e uomini spogliati della loro umanità e, in
virtù di questo, sterminati:
-
6 milioni di ebrei
-
Centinaia di migliaia di rom e sinti
-
Omosessuali
-
Malati mentali
-
Decine di migliaia di slavi, greci ed
etiopici gasati, arsi visi e fucilati, anche dall’Italia fascista
Insieme a questo,
ricordiamo (e contemporaneamente celebriamo, in questo caso) ciò che le donne e
gli uomini liberi e di buona volontà fanno quando vengono posti di fronte al
dominio, alla sopraffazione ed al razzismo: si organizzano e si ribellano.
Oggi celebriamo le gesta
di donne e uomini che, di fronte alla vigenza della legge della forza, si sono
fatti fuorilegge.
Il 25 aprile è la nostra
festa della Liberazione. Festeggiamo un’insurrezione, un atto di ribellione
generale. Il 25 aprile è un atto di disobbedienza e la Costituzione che ne è
frutto è frutto di un atto di disobbedienza.
Ricordiamolo ogni volta
che l’orizzonte davanti ai nostri occhi sembra chiudersi.
Ricordiamolo ogni volta
che la disumanizzazione del prossimo prepara alla sua messa a morte, o a
lasciarlo morire nell’indifferenza.
Di fronte a questi
scenari, il nostro sentimento ci dice che la disobbedienza è una virtù.
Dietro di me, in questa
lapide, ci sono i nomi delle vittime degli eccidi. Sono nomi diversi, di
diversa provenienza nazionale.
In questi giorni, dove
sono in molti a farsi domande sulle sorti dell’Europa, noi ci troviamo qui, e
ci chiediamo che tipo di Europa avrebbero voluto loro.
La Banda Mario era
composta da italiani, britannici, francesi, sovietici, ebrei, slavi, eccetera,
eccetera, eccetera. Partigiani,
Partisans, Partizan, Partisanen. La stessa parola, le stesse ragioni, la
stessa lotta.
A volte sembra esserci
stata più identità europea allora tra queste montagne e queste valli che oggi
in alcune sedi istituzionali, e forse, se volessimo risalire alle radici di
questa identità, proprio tra montagne come queste dovremmo ricominciare a
muoverci.
Un discorso di Franco
Cingolani – nome di battaglia CiFra, ufficiale dell’esercito italiano che, dopo
l’8 settembre del 1943, si era dato alla macchia ed aveva raggiunto il San
Vicino - restituisce pienamente il clima che si respirava in quei giorni,
spiega molto meglio delle mie parole quello che vorrei esprimere e, seppur
pronunciato in occasione del Ventennale della Liberazione, rappresenta una
riflessione sempre valida:
«Sentiamo ancora il
calore che ci affratellava anche quando qualcuno cercava di opporci, di
dividerci, di separarci; quando nulla poteva dividerci: quando la passione,
l’ideale, il futuro era in ciascuno di noi così limpidamente configurato, che
non resta difficile ritornare ai momenti più significativi di quelle giornate,
di quelle serate, quando i colloqui in italiano, in slavo, in russo, in
inglese, in somalo erano talmente comprensibili in un meraviglioso ricomporsi
di una lingua universale, che solo la fratellanza umana poteva rendere
possibile»
Ora e sempre Resistenza.
Matteo Petracci
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