domenica 28 giugno 2015

Comunicato dell'assemblea degli iscritti e simpatizzanti dell'ANPI di Jesi

Jesi 28 Giugno 2015

Domenica 28 giugno 2015, presso il Centro Sociale “Morganti”, gentilmente concessoci, si è svolta  l’Assemblea degli iscritti e simpatizzanti della Sezione ANPI di Jesi.

Il dibattito, che è seguito alla relazione introduttiva del presidente della sezione Daniele Fancello è stato ampio e ricco di contenuti, di idee e di proposte, ed ha spaziato sui temi di attualità come l’immigrazione, i neofascismi, il coinvolgimento dei giovani alla vita politica e sociale del Paese, ma anche  sui rapporti con l’Amministrazione Comunale, con le forze politiche e con le altre associazioni. Gran parte degli interventi hanno sottolineato l’importanza e la necessità della difesa della Costituzione e dei diritti dei cittadini, temi per i quali la sezione di Jesi si impegnerà prioritariamente con nuove iniziative.

Sono stati inoltre già fissati nuovi appuntamenti, il primo dei quali è quello del 25 luglio, per partecipare alla tradizionale spaghettata antifascista che da numerosi anni si svolge al Museo Cervi di Reggio Emilia. Per l’occasione anche quest’anno sarà organizzato un pullman.

L’assemblea ha provveduto ad approvare il bilancio consuntivo 2014, che si è chiuso con un attivo di circa 1400 euro, fondi che erano già destinati alla realizzazione del progetto “Resistenti”.

In fine è stato votato all’unanimità l’ingresso nel direttivo della Compagna Carmen Contardi e sono state nominate due vice presidenti, che sono Maria Eleonora Camerucci e Zappelli Laura, già da tempo impegnate in prima linea nell’organizzazione e nella realizzazione di varie attività dell’associazione.

Il Comitato direttivo ringrazia tutti quanti ci aiuteranno a far crescere l’associazione, che vuole diventare sempre di più la casa di tutti gli antifascisti.

Il Comitato Direttivo

Sezione ANPI di Jesi

martedì 23 giugno 2015

Convocazione assemblea degli iscritti e simpatizzanti



 

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA DEGLI ISCRITTI E SIMPATIZZANTI



Care e Cari tutti,
è convocata (in prima convocazione giovedì 25 giugno 2015 ore 8.00) e in seconda convocazione

DOMENICA 28 GIUGNO  2015 Alle ore 9.30

presso il Centro Sociale A. Morganti in Via Colocci 6 Jesi

 

l’assemblea degli iscritti e simpatizzanti della Sezione ANPI di Jesi con il seguente Ordine del Giorno:

·         Relazione sulle attività svolte e in cantiere;
·         Programmazione prossime attività;
·         Rinnovo organismi dirigenti
·         Illustrazione e approvazione del bilancio consuntivo 2014;
·         Varie ed eventuali


Nel retro di questa convocazione trovate l’estratto del bilancio consuntivo che andremo ad approvare. E’ molto importante la presenza di tutti, per questo vi chiediamo lo sforzo di non mancare, in modo da ascoltare le opinioni e le idee di tutti, esprimere e costruire  insieme le future attività. 
Ricordiamo inoltre che l’assemblea è aperta a tutti i simpatizzanti per farci conoscere meglio ed eventualmente trovare nuovi collaboratori per le nostre iniziative.




Cordiali saluti.


Il presidente 
Daniele Fancello









Bilancio consuntivo 2014

ENTRATE
USCITE
Avanzo di cassa 2013
1045,20€
Francobolli
200,60€
Tesseramento 2014
2435,00€
Acquisto materiali
1338,05€
Sottoscrizioni
396,22€
Rimborsi spese
93,90€
Sottoscrizioni per eventi
1930,00€
Spese per gli eventi
4552,33€
Sottoscrizioni varie
1230,60€
Contributi erogati
442,00€
Rimborsi spese iniziative
716,00€
Spese varie
88,22€
Prelievi dal Conto Corrente
2063,00€
Versamenti sul Conto Corrente
1722,00€
TOTALE ENTRATE
9908,02€
TOTALE USCITE
8437,10€
Attivo
1470,92



Tesseramento 2014


Totale Iscritti
207
Partigiani
7
Soci ad Honorem
26
Nuovi iscritti 2014
19

sabato 20 giugno 2015

Orazione per i Martiri del XX Giugno 2015 Daniele Fancello

Buona sera a tutti,

Ringrazio il Sindaco di Jesi, il Comitato per la difesa delle Istituzioni Democratiche, i Partigiani e l’ANPI, le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, I Consiglieri Regionali, Provinciali e Comunali presenti, le delegazioni delle forze dell’ordine, dei  partiti, delle associazioni e i cittadini tutti, che oggi mi danno la possibilità di essere qui, in veste di oratore ufficiale di questa commemorazione a cui tengo in maniera particolare, perché è da qui, da questi luoghi che ho iniziato a conoscere i Partigiani e la storia della Seconda Guerra Mondiale che ha visto coinvolti tantissimi Jesini.

Un saluto e un ringraziamento particolare va ai familiari dei sette Martiri.

Non è facile ricostruire con precisione assoluta come si sono svolti i fatti che il pomeriggio di 71 anni fa, il 20 giugno 1944, esattamente un mese prima della Liberazione di Jesi ha visto protagonisti circa 25 giovani che da via Roma vennero  rastrellati dai nazi fascisti.  Dalle testimonianze scritte da Peppino Tittarelli  e Amleto Lucarini,  due dei giovani scampati alla strage, possiamo sapere che molti di questi ragazzi, tutti antifascisti si stavano preparando a festeggiare l’imminente liberazione di Jesi. Quel pomeriggio in cui vennero prelevati, molti di loro erano convinti che i tedeschi e i fascisti li avrebbero portati a lavorare e poi rilasciati, come già altre volte era accaduto ad altri giovani jesini.

La Guerra sembrava stesse per finire, il fronte stava avanzando velocemente e sempre più spesso passavano tedeschi in ritirata. Quel pomeriggio però a Jesi i fatti andarono diversamente:  il IX battaglione Settembre, che era al seguito della divisione tedesca Brandemburg , stava compiendo ripetute operazioni di rappresaglia al fine di incutere terrore nella popolazione e cercare di fiaccare la Resistenza.
I giovani di via Roma, purtroppo, si imbatterono nella ferocia di queste truppe, che li fecero sfilare per via Roma, continuando a rastrellare altri giovani lungo il percorso, fino ad arrivare alla casa colonica della famiglia Massacci. Qui continuarono a minacciare i ragazzi con le armi,  a picchiarli, e interrogarli per ore. I repubblichini volevano sapere dove erano i partigiani e quali erano le loro strategie.  Li fecero sfilare davanti a una porta il cui interno era nella completa oscurità, nella quale si celava una misteriosa figura. Nel libro “La storia attorno casa”, Nello Verdolini ci rivela che la misteriosa figura in realtà era una spia, una delatrice di Fabriano alle dipendenze del fascio repubblichino di Jesi.
A Jesi si era costituito un ufficio politico fascista comandato dal capitano Paggi e dal “seniore” Georgetti ed era un vero e proprio centro per la ricerca e la conoscenza del movimento Partigiano nella zona degli Appennini centrali. Da lì partivano elementi fascisti fatti venire da fuori, quindi sconosciuti, per infiltrarsi nelle forze partigiane e riportare, quindi, con le notizie sulla consistenza, sugli aiuti che ricevevano, sui contatti giornalieri, anche quelle su ogni mossa, su ogni spostamento.
Nei giorni precedenti l’eccidio la donna si era presentata in Via Roma come una profuga ed aveva chiesto ospitalità per qualche giorno. Aveva frequentato i ragazzi del quartiere. Quel pomeriggio di 71 anni fa la donna selezionò sette di quei giovani che vennero ancora torturati. Le grida, i pianti e le urla di dolore vennero sentiti a grande distanza e si conclusero con una scarica di mitra senza che i nazifascisti riuscissero a ottenere una qualche informazione. I giovani uccisi erano Armando e Luigi Angeloni, fratelli, rispettivamente di 25 e 18 anni, di professione muratori; Mario Saveri 23 anni, meccanico. Alfredo Santinelli e Francesco Cecchi, diciottenni, apprendisti. Enzo Carboni era un militare di 20 anni, originario di S. Eufemia d’Aspromonte, e Calogero Graceffo, carabiniere, originario di Agrigento”.

Raccontare ancora oggi questo eccidio, a mio avviso, è importante perché dobbiamo ai Martiri e alle loro famiglie infinito rispetto.  Anche dal sangue di questi giovani sono nate la nostra democrazia, la nostra Repubblica e la nostra Costituzione.

E’ importante raccontarlo soprattutto ai giovani con i quali, del resto, negli ultimi anni abbiamo realizzato alcune belle iniziative, sia in questo luogo, sia presso altri luoghi della memoria che ricordano altri giovani caduti combattendo, o uccisi barbaramente dai nazifascisti. Lo abbiamo fatto grazie all’impegno di alcuni insegnanti e alla collaborazione dei Dirigenti scolastici delle scuole medie e superiori jesine e molti di voi ricorderanno le “biciclettate” del 25 Aprile e la performance dei giovani studenti, “Sogno Ricorrente”, svoltasi qui, davanti al monumento lo scorso anno.
E’ importante partire dalla scuola, perché è lì che si educa alla cittadinanza e si forma la coscienza civile delle nuove generazioni attraverso la conoscenza della storia del proprio Paese. La nostra storia, oggi, parte da 7 ragazzi che, una sera di giugno, hanno visto troncata brutalmente la loro vita. Erano partigiani, è vero, avevano scelto di stare dalla parte giusta, forse avranno messo in conto anche di doverla dare, la vita, combattendo per una causa giusta ma, appunto, combattendo, non dopo essere stati legati e seviziati.
La storia continua con il sacrificio di Francesco Contuzzi, caduto sulla strada per Santa Maria Nuova, o di quello di Eraclio Cappannini, catturato e fucilato sotto le mura di Arcevia, dei partigiani Panti e Magnani fucilati all’angolo di via XX Settembre o di Libero Leonardi (medaglia d’oro al valore militare ), fucilato a Moie di Maiolati.
Potrebbe ancora continuare ricordando l’apporto dato alla guerra di liberazione dai gappisti che operavano in città e da una parte, almeno, della popolazione, che dava rifugio ai partigiani e li riforniva, per quanto i tempi lo consentissero di generi alimentari e di vestiario.
In prima fila c’erano le donne, madri, mogli, sorelle di quelli che erano in montagna, quelle donne che l’8 marzo del 1944 andarono, a piedi, sulla strada che conduce alla “Torre”, con i tedeschi ovunque a portare i fiori sul luogo dove era caduto Francesco Contuzzi.
Le donne hanno dato un grande apporto alla resistenza. Appartenevano a tutti i ceti sociali, erano operaie, contadine, studentesse, casalinghe e si impegnavano in cose femminili, come cucire, rammendare, cucinare, curare i feriti e assisterli, ma hanno fatto anche altre cose nuove, come combattere o fare le staffette, con il compito di portare la stampa clandestina, tenere i rapporti tra le formazioni partigiane, raccoglie informazioni ecc ecc.
In questo ruolo hanno dato il loro contributo le sorelle Alba e Aurora Matteucci, impegnate l’una nella zona di Arcevia, l’altra in quella di Aspio-Osimo, entrambe nella Brigata Garibaldi e ancora Mosconi Nicolina, invalida poi di guerra, Luigia Andreoli, Ada Belardinelli, Clelia Castelli, Silvia Cecconi, Maria Della Fazia, le sorelle Concetta e Lilia Magini e tante altre ancora.

Spesso ci chiediamo: perché bisogna essere, ancora oggi, antifascisti? Perché, a distanza di 71 anni da quei fatti dolorosi, bisogna ancora ricordare la Resistenza?
Tutti gli oratori che mi hanno preceduto negli anni scorsi hanno affrontato questi quesiti, trovando, ognuno, un senso alla nostra presenza qui, oggi.  Le risposte sono state diverse, legate a motivazioni storiche, sociali, emozionali.
 La Resistenza ci ha insegnato la solidarietà, a non dover odiare per forza, a cercare di poter vivere tutti rispettando le regole della Democrazia che lasciano spazio a tutti, anche a chi combatteva contro di essa.
Diceva Piero Calamadrei: “ avere riscoperto la dignità dell’uomo e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace per cui la lotta di un popolo per la sua Liberazione e insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana qualunque sia la sua Nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza.
Non è stato affatto facile arrivare a sconfiggere il nazifascismo. Quegli anni sono stati caratterizzati dalla brutalità, dalla guerra, dalla fame e dalla povertà. Eppure, nonostante le infinite difficoltà, esistevano una solidarietà e un’umanità, che purtroppo, oggi, giorno dopo giorno, andiamo sempre più perdendo o dimenticando.
Ma c’è la nostra Costituzione a ricordarci quei “doveri inderogabili di solidarietà sociale” che sono scritti a caratteri indelebili nell’art. 2.
Ma non sempre la Costituzione è rispettata. Basta guardarci intorno, dare un’occhiata al caos scolastico o alla speculazione edilizia, alla situazione delle carceri, a quella degli operai nelle aziende, alle difficoltà delle famiglie meno abbienti, alla mancanza degli asili nido specie al sud, all’emarginazione femminile per avere più di una conferma alle conseguenze della mancata applicazione di alcuni dettami Costituzionali.
Del resto, che non ci fosse la volontà, da parte dei partiti e dei governi che presero nelle mani il potere, di rispettare la carta costituzionale da poco approvata, apparve chiaro già dalle parole del ministro dell’Interno Mario Scelba, divenuto poi Presidente del Consiglio, il quale definì la Costituzione “una trappola”, in cui lui e il suo partito non sarebbero mai caduti. Evidentemente, non ci si poteva attendere che coloro che temevano di rimanere intrappolati dalla Costituzione, se ne facessero poi zelanti esecutori.
Basterebbe prendere l’articolo 3 che dice: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di lingua, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori  all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Dei passi in avanti in questo senso ne sono stati fatti, ma tutto ciò che è stato ottenuto, non è stato perché la Repubblica, cioè i governi e parlamenti abbiano operato in questo senso, ma perché le masse popolari, facendosi forti dell’investitura democratica della Costituzione, hanno lottato, lasciando lungo la strada tante vittime che dovevano e potevano invece essere risparmiate se la Costituzione fosse stata compiutamente applicata.
Purtroppo il fascismo e il nazismo sono ancora ben presenti in Italia e in Europa. La recente svastica apparsa nel campo da calcio della Croazia ne è un esempio, ma, come diceva il Presidente Nazionale dell’ANPI Smuraglia  anche l’indifferenza e il silenzio di tanti (troppi!) e la brutalità di certi discorsi di politici che “grattano la pancia” ai peggiori istinti e perfino a quelle reazioni che pure possono essere “normali” in periodo di crisi, ma che non andrebbero strumentalizzate; … l’assenza di umanità  nelle loro parole, che non sono superficiali come potrebbero sembrare, ma sono molto peggio, perché si nutrono di egoismi e di bassezze.
La questione dei migranti ne è l’esempio più evidente. I profughi e gli emigranti sono sempre esistiti nella storia dell’umanità, ma quanto sta accadendo in questi ultimi anni è un fenomeno assolutamente nuovo, per quantità e qualità, ma è certo che quanti oggi abbandonano il proprio Paese, lo fanno spinti dall’idea che sia l’unica possibilità per sopravvivere. La disperazione, la fame, la speranza di vivere meglio non conoscono frontiere e non rispettano i confini degli stati ed ecco i barconi che attraversano lo stretto di Sicilia carichi di disperati che si sono messi nelle mani di gente senza scrupoli, che ha trovato negli espatri clandestini una nuova e ricca fonte di guadagno. E questa è la conseguenza della politica coloniale prima, e neocoloniale oggi dei Paesi europei che considerano l’Africa soltanto come un serbatoio inesauribile di materie prime, i cui prezzi vengono fissati a Londra o a New York.
Per quanto riguarda gli stati creati dal Colonialismo in Africa e nel vicino oriente, i confini rigidi imposti dai paesi Europei erano tracciati per linee verticali, perché le loro esplorazioni avevano seguito quasi sempre il corso dei fiumi lungo una direttrice nord-sud, mentre la distribuzione dei gruppi umani seguiva un andamento diverso. Risultato: un disastro. Si sono uniti i nemici e separati i parenti e questo ha causato e causa ancora conflitti sanguinosi e interminabili, come in Nigeria o in Sudan. La situazione Africana è oggi una delle più critiche nel mondo. Le società Africane, soprattutto quelle degli Stati sub-shaariani e dell’Africa centrate e occidentale sono intrappolate in realtà dove sottosviluppo, violenza, fame, povertà, malattie, analfabetismo e catastrofi naturali si alimentano a vicenda. I nuovi stati sono stati creati dall’esterno: sono creature artificiali in cui popolazioni ed etnie diverse, con stili di vita e interessi spesso contrapposti, si sono trovate a dover condividere spazi comuni che forse, lasciate libere di scegliere, non avrebbero condiviso. La fine della guerra fredda e il conseguente disgelo nelle relazioni internazionali hanno posto fine all’Africa nata dal colonialismo, ma non alla violenza collettiva e organizzata che quel sistema ha prodotto, i cui guasti e tragedie sono oggi parte della crisi del mondo ex coloniale. Si tratta di intere popolazioni sottoposte a dilaganti processi in cui intervengono sia mancanza di risorse e crisi produttive e di sviluppo, sia crisi di valori, di identità collettive e di istituti democratici che stentano a decollare, con il conseguente diffondersi a macchia d’olio di guerre e guerriglie, rivendicazioni nazionaliste, di guerre civili sanguinose. E le guerre civili si distinguono per due elementi di fondo: il livello di spietatezza e di ferocia e la reciproca negazione di legittimità da parte di ciascuno dei contendenti che consente ogni forma di eccesso contro la parte avversaria. Da tutto questo fuggono oggi, le migliaia di persone che approdano sulle coste italiane e che molti non vogliono, compresi alcuni che ricoprono importanti cariche istituzionali. Alcuni di questi politici hanno addirittura minacciato che se si adotteranno misure assistenziali nei confronti di questi diseredati occuperanno le prefetture.
Io spero che non si vada avanti per questa strada; se così fosse dovremmo ribellarci tutti in nome di una Costituzione che parla di solidarietà, uguaglianza e di dignità e  che si metta in atto una vera rivolta morale, non solo dei tanti che si sacrificano facendo volontariato per garantire almeno un minimo a questi “stranieri”, ma anche dei moltissimi che finora hanno praticato la poco nobile arte dell’indifferenza e della rassegnazione.
E l’ANPI, Nazionale e Locale è, come deve essere, in prima fila a guidare questa rivolta morale risvegliando le coscienze della gente e rivolgendosi soprattutto ai giovani, che saranno i cittadini di domani per cominciare a costruire insieme una società più giusta e democratica,  fondata sulla pace, la solidarietà, e sul reciproco rispetto, piuttosto che sull’odio e sulla divisione. E’ la società che sognavano i Partigiani che qui ricordiamo e onoriamo oggi insieme agli altri caduti jesini.

Luciano Taglianini, il Partigiano che mi ha fatto conoscere tante cose, ripeteva sempre che questi luoghi e quei morti andavano onorati perché  “perché i morti ce li avevamo messi noi”.

Al di fuori da ogni retorica, la dimostrazione che non sono morti inutilmente è la nostra presenza qui, davanti a questo cippo, che ricorda 7 giovani vite stroncate, 7 come quelle dei Fratelli Cervi, anche essi vittime della barbarie nazifascista.

Scriveva papà Cervi nel libro dedicato ai figli ricordando l’eccidio:
 “le nuore mi si avvicinarono e io piansi i figli miei. Poi, dopo il pianto dissi: dopo un raccolto ne viene un altro. Andiamo avanti”.

Noi, qui, sta sera, siamo il nuovo raccolto.

20 giugno 2015

Daniele Fancello

martedì 9 giugno 2015

Comunicato di sostegno ai 4 lavoratori licenziati dalla ditta Bora Srl

Comunicato  di  sostegno  ai  4 lavoratori licenziati dalla ditta Bora Srl



La sezione A.N.P.I. di  Jesi, esprime la propria solidarietà e sostegno  ai  4 lavoratori, tutti iscritti al sindacato Fiom  di cui un delegato,  licenziati nello scorso mese di Maggio dalla ditta Bora Srl .

Riteniamo che questo attacco ai lavoratori e al sindacato sia il risultato  dello stravolgimento dello Statuto dei Lavoratori operato dalla legge Fornero e dal Jobs Act , che mirano ad indebolire i diritti dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, in contrasto con i principi espressi dalla Carta Costituzionale.

E’ nostra ferma intenzione dare tutto il sostegno possibile ai lavoratori coinvolti dai licenziamenti, affinchè possano essere reintegrati, quanto prima, nel loro posto di lavoro.



Jesi 09/06/2015